Toxoplasmosi

Definizione - La Toxoplasmosi è una malattia infettiva (zoonosi) causata da un protozoo chiamato Toxoplasma Gondii.

Classificazione - Nell’infezione da Toxoplasma gondii è possibile distinguere due fasi successive: la prima (toxoplasmosi primaria) è caratterizzata da un periodo di settimane o mesi in cui il parassita si può ritrovare nel sangue e nei linfonodi in forma direttamente infettante. È la fase sintomatica della toxoplasmosi, che si accompagna a ingrossamento delle linfoghiandole, stanchezza, mal di testa, mal di gola, a volte febbre e ingrossamento di fegato e milza. Esistono poi casi di toxoplasmosi primaria complicati da sintomi gravi, quali l'infiammazione della zona visiva dell’occhio (corioretinite, che può compromettere la vista) e dell’encefalo, oltre a sintomi attribuibili a una malattia autoimmune. La risposta del soggetto al Toxoplasma gondii determina il passaggio alla seconda fase della toxoplasmosi (toxoplasmosi postprimaria), caratterizzata dall’assenza di segni clinici e di laboratorio dell’infezione acuta, ma con la persistenza del parassita nell’organismo, "incistato" nei muscoli e nel cervello. Se le difese immunitarie vengono meno (sia per malattia, sia per trattamenti medici), il microrganismo può tornare aggressivo, riprodursi e indurre nuovi danni.

Incidenza - L'incidenza è estremamente variabile: dal 3 al 70% degli adulti risultano sieropositivi per la malattia. Questa variabilità è in funzione del clima (più diffusa nei Paesi caldo-umidi, meno in quelli freddi), delle condizioni igieniche (più frequente dove l’acqua da bere scorre all’aperto e dove la contaminazione fecale dell’ambiente è elevata), delle abitudini alimentari (più frequente nelle popolazioni che mangiano maiale rispetto a quelle la cui dieta è ricca di pesce). Il miglioramento delle condizioni igieniche porta ad un aumento delle donne sieronegative per toxoplasma e pertanto esposte al rischio di infezione in gravidanza. In Italia, è stato calcolato che circa il 60% delle gestanti affronti una gravidanza senza essere protetta contro la toxoplasmosi, presumibilmente grazie alle migliorate condizioni di allevamento degli animali. La percentuale delle donne che contrae la malattia nei nove mesi di gestazione è stimata intorno al 4-5%. Le donne che hanno già avuto la malattia sono immuni e non c’è possibilità di contrarla o trasmetterla al feto.

Ezio-patogenesiIl Toxoplasma Gondii può infettare moltissimi animali (dai mammiferi agli uccelli, dai rettili ai molluschi) e può trasmettersi da un animale all’altro attraverso l’alimentazione con carne infetta. Il microrganismo compie il suo ciclo vitale, estremamente complesso e diverso a seconda dell’ospite, solo all'interno delle cellule, e si ritrova nella carne, nelle feci e nel terreno in cui abbia defecato un gatto o un altro animale infetto, e quindi, una volta eliminato con le feci, può contaminare l' ambiente circostante. L' uomo può contrarre l' infezione mangiando carni crude o poco cotte, mangiando verdura non accuratamente lavata, avendo contatti con gatti, toccando il terriccio facendo giardinaggio. Negli ultimi anni si è ridimensionata l’attenzione nei confronti del gatto, in particolare se si tratta di un gatto domestico alimentato con prodotti in scatola e la cui lettiera è cambiata tutti i giorni. Il vero serbatoio della toxoplasmosi è invece rappresentato dai gatti randagi, che si infettano cacciando uccelli e topi contaminati, e che possono defecare nel terreno rilasciando Toxoplasma anche per diverse settimane.

Fisiopatologia - La toxoplasmosi è solitamente una malattia che può passare inosservata (asintomatica) o che può manifestarsi con scarsi sintomi quali febbre, malessere generale, ingrossamento dei linfonodi del collo, dolori muscolari e mal di gola. Di regola, guarisce spontaneamente. Appunto per questo molte donne hanno avuto la toxoplasmosi senza nemmeno accorgersene, e sono immunizzate. Le gravide non immuni rischiano di contrarre la malattia durante la gravidanza, e fra quelle che la contraggono, circa un terzo contaminano il bambino. Dei feti che subiscono l’infezione circa uno su dieci può avere conseguenze serie. In caso di toxoplasmosi materna la probabilità che il feto ha di subire l'infezione cresce con il progredire dell' epoca di gravidanza: si passa dal 15% di possibilità nel primo trimestre, al 30% nel secondo, al 60% negli ultimi tre mesi fino ad arrivare ad oltre il 90% in prossimità del parto. Al contrario, gli eventuali danni al feto sono più gravi se il contagio si verifica nei primi mesi di gestazione, ma i danni fetali sono maggiori nel primo trimestre e via via minori con il progredire della gravidanza. Nel primo trimestre è raro che il toxoplasma attraversi la placenta, ma se vi arriva il danno generalmente è grave e si può giungere alla morte e all’aborto. Nel secondo trimestre la placenta diventa più facile da attraversare e quindi il feto è danneggiato più facilmente, e in modo spesso grave se la mamma non viene curata subito. In questo periodo il feto potrebbe subire danni a carico del sistema nervoso con interessamento del cervello e degli occhi. All’infezione fetale non fa automaticamente seguito un danno fetale, neonatale o infantile.

Diagnosi Prenatale – Quando è diagnosticata o sospettata una Toxoplasmosi in gravidanza, si consiglia di eseguire una consulenza infettivologica ed una ecografia presso un Centro di Ecografia di IIº livello, affinché i genitori possano ricevere, oltre ad un adeguato supporto psicologico, la consulenza sia ostetrica che infettivologica. Nel caso in cui il test dimostri la presenza di anticorpi IgM, l’infezione fetale è solo sospetta. La certezza dell'infezione fetale si può ottenere solo tramite metodiche invasive come l'amniocentesi e la cordocentesi che comportano un rischio di aborto dell'1-3%. La cordocentesi permette di dimostrare anticorpi del tipo IGM, prodotti dal feto contro il Toxoplasma, nel sangue fetale; per la loro grandezza gli anticorpi materni di questo tipo non attraversano la placenta, pertanto la positività di questo esame documenta l'avvenuto contagio del feto. Il limite è rappresentato dal fatto che la capacità di produrre questi anticorpi comincia solo dopo la 21ª settimana di gravidanza. Attualmente sono disponibili tecniche rapide di rilevamento diretto del protozoo di tipo morfologico, immunocitochimico e più recentemente di biologia molecolare mediante impiego di sonde a DNA o mediante reazione di polimerizzazione a catena (PCR), che identificano direttamente il DNA dell'agente infettante. La diagnosi prenatale mediante ricerca del DNA di Toxoplasma (PCR) su liquido amniotico può documentare l'avvenuto contagio del feto; qualora non sia già stato fatto, prelevando alcuni millilitri in più di liquido amniotico è possibile effettuare anche lo studio del cariotipo fetale (mappa cromosomica), per accertare o escludere la presenza di anomalie cromosomiche, mantenendo lo stesso rischio di aborto. Molti Autori mettono in dubbio l'utilità di questi accertamenti invasivi sia perchè la certezza dell'infezione fetale non dimostra un danno fetale, sia perchè la terapia prenatale è relativamente priva di effetti collaterali e, pertanto, consigliano di intraprenderla anche in assenza della certezza di infezione fetale. L’amniocentesi per eseguire la PCR viene eseguita solitamente fra la 21ª e la 23ª settimana di gestazione, pertanto sarebbe corretto informare la gestante che la legge 194/1978, che regolamenta l’Interruzione Volontaria della Gravidanza (IVG), consente di interrompere la gravidanza entro il 180º giorno dal suo inizio (aborto terapeutico). Purtroppo la “vitalità” è difficile da definire a priori, quindi, in una percentuale limitata, ma non irrilevante, di casi il feto, una volta espulso, potrebbe sopravvivere, in quanto la sopravvivenza è possibile anche entro il 180º giorno. La diagnosi ecografica prenatale dei danni fetali da toxoplasmosi è molto difficile e in alcuni casi impossibile; pertanto talvolta è tardiva (IIIº trimestre) o non viene fatta. Non esistono, a tutt’oggi, dei sicuri parametri prenatali che permettano di dimostrare con certezza un danno fetale causato da toxoplasmosi. Le anomalie più frequentemente descritte sono una difettosa crescita fetale (I.U.G.R.), l'epatomegalia, la spenomegalia, la ventricolomegalia cerebrale, le calcificazioni endocraniche periventricolari, l'opacamento del cristallino, versamenti (in alcuni casi reversibili) e alterazioni della quantità di liquido amniotico (di solito oligoamnios), etc; questi segni, però, possono  insorgere tardivamente e, in alcuni casi, non sono presenti o non sono dimostrabili. Nel caso in cui durante una ecografia di screening venissero riscontrate una o più delle anomalie sopracitate si consiglia di sottoporre la gestante ad esami per accertare una Toxoplasmosi. In alcuni Centri vi è la possibilità di sottoporre la gravida alla Risonanza Magnetica Nucleare per verificare, in utero, la diagnosi ecografica e, se possibile, accertare la presenza di altre anomalie non diagnosticate con l’esame ultrasonografico; la risonanza magnetica in media dura circa 30 minuti, è indolore per la madre e per il feto e non richiede la sedazione.

Condotta Ostetrica – Allo stato attuale non esiste un vaccino contro la toxoplasmosi: non è quindi possibile garantirne la prevenzione assoluta. Utile, quindi, risulta lo screening preconcezionale o all’inizio della gravidanza con il toxo-test. Si tratta di un semplice esame del sangue: chiamato Toxo-test, permette di classificare le donne in tre classi: "protetta", "suscettibile" o "a rischio". L’infezione induce nel corpo la produzione di immunoglobuline specifiche: nella prima fase della malattia (quella pericolosa per il nascituro) vengono prodotte IgM, successivamente (in una fase meno rischiosa) gli anticorpi prodotti sono di classe IgG. Il Toxo-test permette quindi di verificare l’assenza o la presenza di anticorpi, e, in questo secondo caso, di evidenziare se si è ancora in una fase a rischio o se invece la donna è da considerarsi protetta. Se la donna è protetta (ha gli IgG) il test non deve più essere ripetuto. Per le gestanti che risultano sieronegative all'inizio della gestazione è importante rispettare alcune restrizioni dietetiche ed abitudinarie quali l'esclusione della carne cruda o poco cotta e degli insaccati, il lavaggio molto accurato della frutta e della verdura, l'uso di guanti per il giardinaggio, l'evitare il contatto con i gatti. È quindi necessario evitare di assaggiare la carne mentre la si prepara e lavarsi molto bene le mani sotto acqua corrente dopo averla toccata. Lavarsi le mani prima di maneggiare alimenti, iniziare a cucinare e mangiare. Non mangiare uova crude nemmeno sotto forma di ingrediente (zabaione, maionese…). Mangiare insalata e frutta solo se accuratamente lavata, magari con del bicarbonato. Evitare se possibile, l’assunzione di latte non pastorizzato. Se si ha un gatto bisogna verificare subito che non abbia la toxoplasmosi, con un controllo specifico fatto dal veterinario. Durante la gravidanza, se la donna non è immune è necessario ripetere il test ogni 1-2 mesi, tenendo controllato il titolo anticorpale, per scoprire immediatamente una eventuale infezione. Nei casi diagnosticati o sospettati in epoca prenatale è importante espletare il parto in un Centro attrezzato, con un servizio di rianimazione neonatale, assistenza neonatale intensiva e chirurgia neonatale, in cui si possa pianificare un’assistenza ostetrica  e neonatale appropriate alla patologia. Per quanto riguarda la programmazione del  parto non vi sono controindicazioni al parto naturale.

Terapia Prenatale - Il toxoplasma è un protozoo (e non un virus) e quindi è sensibile alla terapia antibiotica. Esistono vari schemi terapeutici di simile efficacia, variabili in base all'età gestazionale del feto. Alcuni Autori consigliano di iniziare immediatamente la terapia con spiramicina (3 gr al giorno) o in caso di intolleranza con roxitromicina, non appena viene sospettata la toxoplasmosi (ciò bloccherebbe l’infezione impedendo il contagio del feto). Se il feto risulta contagiato, solitamente, si prescrivono antibiotici sulfamidici a base di pirimetamina, che sono in grado di attraversare la placenta e arrivare fino al feto, ma la scarsità di studi randomizzati confrontabili non consentono di evidenziare una stima dell’efficacia del trattamento.

Assistenza Neonatale – Con le attuali possibilità di trattamento, circa il 90% dei bambini con toxoplasmosi congenita nasce senza sintomi evidenti e risulta negativo alle visite pediatriche di routine. Se l’infezione è confermata il neonato, anche se apparentemente sano, dovrà essere seguito per almeno tutto il primo anno di vita da un centro specializzato per poter escludere eventuali danni cerebrali e visivi che insorgano nei mesi successivi, infatti, piccole anomalie a carico dell’occhio e dell’encefalo possono essere rilevate solo nei mesi successivi alla nascita. Alcuni bambini possono mostrare, invece, convulsioni e cataratta congenita segni, rispettivamente, di interessamento neurologico (calcificazioni intracraniche, ventricolomegalia, etc.) e oculare (infiammazione della retina, cataratta, atrofia del nervo ottico etc.).

Prognosi - La maggior parte delle infezioni fetali è asintomatica o poco sintomatica, anche se le conseguenze dell'infezione possono rendersi evidenti dopo diversi anni dalla nascita e si manifestano con deficit intellettivi, difficoltà di apprendimento e disturbi visivi. Purtroppo non esistono, a tutt’oggi, dei sicuri parametri prenatali che permettano di stabilire con certezza la prognosi post-natale dei singoli casi. Le forme di toxoplasmosi congenita grave sono rare, ma le possibili sequele sono il ritardo mentale e la cecità.

Il contenuto di questa informativa, vista la complessità dell’argomento, è parziale e non esaustivo, per cui consigliamo di richiedere ai propri medici ulteriori e più complete informazioni sui criteri diagnostici, la prognosi e le possibilità di trattamento.