Infezione da Cytomegalovirus in gravidanza

 

Definizione - Il Cytomegalovirus è un virus responsabile di un’infezione molto comune, asintomatica nella maggior parte dei pazienti, e che in alcuni casi si esprime come una forma simil-influenzale (circa l'80% della popolazione lo contrae nel corso della vita), e  costituisce la più frequente causa di infezione fetale.

Classificazione - L’infezione fetale da Cytomegalovirus può essere la conseguenza di: 1) infezione primaria, 2) infezione secondaria, 3) reinfezione. Attualmente, però,  questa classificazione non è accettata da tutti.

Incidenza - L’infezione da Cytomegalovirus è endemica in tutto il mondo. L'incidenza è variabile: la percentuale di sieropositività tra le donne in età fertile varia dal 50% all'85% nei paesi più sviluppati, mentre supera il 90% nei paesi ad alta densità di popolazione e basso livello socioeconomico. La percentuale di donne che contraggono l'infezione durante la gestazione è stimata fra lo 0.5% e il 3%. In Italia una stima approssimativa indicherebbe un’incidenza di 1.000 casi/anno. La trasmissione verticale conseguente ad infezione primaria è molto più frequente (20-50%) di quella conseguente ad una infezione secondaria o ad una reinfezione (circa 1%) e comporta rischi di gran lunga superiori di danno feto-neonatale. Si ha inoltre un ulteriore 3-5% di casi di infezione conseguente a trasmissione perinatale, più in particolare l’infezione si verifica nel 25-50% dei neonati che vengono in contatto con le secrezioni vaginali infette al momento del parto e nel 30% dei nati da madre infetta allattati al seno.

Ezio-patogenesi - Il Cytomegalovirus è il più grande virus della famiglia degli Herpesvirus, appartiene, cioè, allo stesso ceppo di virus al quale appartengono anche il virus della varicella, della mononucleosi infettiva, dell'herpes labiale e dell'herpes genitale. E' un microrganismo molto diffuso (ubiquitario), altamente specie-specifico che infetta solo soggetti umani, in quanto riconosce l’uomo come unico ospite. L'infezione primaria è causata dal primo contatto con il virus di una gestante non immune. L'infezione secondaria è causata dalla riattivazione, durante la gravidanza, del virus  rimasto in forma latente nell'organismo dopo l'nfezione primaria. La reinfezione in donne già infettate, infine, sarebbe causata o da un nuovo ceppo virale o dallo stesso ceppo virale a causa di una immunità non permanente.

Fisiopatologia - La trasmissione avviene per contatto diretto tra una persona infetta e un ricevente oppure (più raramente) indiretto, cioè mediato dall'uso di oggetti (ad esempio l'utilizzo dello stesso bicchiere o dello stesso spazzolino da denti). La propagazione dell'infezione è favorita dal fatto che il virus viene eliminato per periodi molto lunghi e dal fatto che la maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico, compatibile, quindi, con una normale vita di relazione del soggetto infetto, spesso ignaro di essere portatore del virus. Il virus si ritrova nella saliva, nelle secrezioni oro-faringee, nell'urina, nelle secrezioni cervicali e vaginali, nello sperma, nel latte materno, nelle lacrime, nelle feci e nel sangue. Il più importante serbatoio d'infezione sono i bambini piccoli, soprattutto quelli tra 1 e 2 anni, pertanto le condizioni a rischio di contagio sono rappresentate dalla giovane età della gestante, dalla presenza in casa di bambini, dal lavoro in comunità infantili, dalla scarsa igiene, dalla promiscuità sessuale, etc. L'infezione da Cytomegalovirus nella maggior parte dei pazienti è (asintomatica) o può manifestarsi con scarsi sintomi, esprimendosi in forma simil-influenzale. Cessata l'infezione attiva, il Cytomegalovirus come gli altri virus erpetici non abbandona definitivamente l'organismo, come invece accade nella maggior parte delle infezione virali, ma si stabilisce in forma "latente" nell'organismo e può riprendere la sua attività replicativa in particolari  situazioni in cui le difese dell'organismo scendano sotto una soglia, che al momento non e quantizzabile. Le donne in gravidanza sono lievemente e temporaneamente inmunodepresse a causa della produzione, da parte della placenta, di sostanze ad effetto immunosoppressore, e ciò in particolari casi favorirebbe una infezione da Cytomegalovirus o la riattivazione del virus già "latente" nell'organismo, pertanto le gravide rischiano di contrarre la malattia durante la gravidanza, e fra quelle che la contraggono, circa un terzo contaminano il bambino. La trasmissione al feto avviene per via transplacentare, cioè dal sangue materno il virus infetta la placenta, si replica in essa, fino ad arrivare a contatto con il circolo fetale. L' infezione fetale da Cytomegalovirus non è solitamente causa di aborto o di anomalie fetali. La possibilità di infezione fetale è più frequente man mano che progredisce la gravidanza (aumentano le possibilità di passaggio transplacentare), ma la probabilità di lesioni fetali è più elevata durante il I° trimestre e in ogni caso prima della 27ª settimana gestazionale.

Diagnosi Prenatale - Quando è diagnosticata o sospettata una infezione da Cytomegalovirus in gravidanza, si consiglia di eseguire una consulenza infettivologica ed una ecografia presso un Centro di Ecografia di IIº livello, affinché i genitori possano ricevere, oltre ad un adeguato supporto psicologico, la consulenza sia ostetrica che infettivologica. Nel caso in cui il test dimostri la presenza di anticorpi IgM, l’infezione fetale è solo sospetta. La certezza dell'infezione fetale si può ottenere solo tramite metodiche invasive come l'amniocentesi e la cordocentesi che comportano un rischio di aborto dell'1-3%. La cordocentesi permette di dimostrare anticorpi del tipo IGM, prodotti dal feto contro il virus, nel sangue fetale; per la loro grandezza gli anticorpi materni di questo tipo non attraversano la placenta, pertanto la positività di questo esame documenta l'avvenuto contagio del feto. Il limite è rappresentato dal fatto che la capacità di produrre questi anticorpi comincia solo dopo la 21ª settimana di gravidanza. Attualmente sono disponibili tecniche rapide di rilevamento diretto del virus di tipo morfologico, immunocitochimico e più recentemente di biologia molecolare mediante impiego di sonde a DNA o mediante reazione di polimerizzazione a catena (PCR), che identificano direttamente il DNA virale. La diagnosi prenatale mediante ricerca del DNA di Cytomegalovirus (PCR) su liquido amniotico può documentare l'avvenuto contagio del feto; qualora non sia già stato fatto, prelevando alcuni millilitri in più di liquido amniotico è possibile effettuare anche lo studio del cariotipo fetale (mappa cromosomica), per accertare o escludere la presenza di anomalie cromosomiche, mantenendo lo stesso rischio di aborto. Molti Autori mettono in dubbio l'utilità di questi accertamenti invasivi sia perchè la certezza dell'infezione fetale non dimostra un danno fetale, sia perchè non esiste una terapia prenatale. L’amniocentesi per eseguire la PCR viene eseguita solitamente fra la 21ª e la 23ª settimana di gestazione, pertanto sarebbe corretto informare la gestante che la legge 194/1978, che regolamenta l’Interruzione Volontaria della Gravidanza (IVG), consente di interrompere la gravidanza entro il 180º giorno dal suo inizio (aborto terapeutico). Purtroppo la “vitalità” è difficile da definire a priori, quindi, in una percentuale limitata, ma non irrilevante, di casi il feto, una volta espulso, potrebbe sopravvivere, in quanto la sopravvivenza è possibile anche entro il 180º giorno. L'amniocentesi per la PCR viene eseguita solitamente fra la 21ª e la 23ª settimana di gestazione in quanto il virus, eliminato dal feto attraverso l'urina, da un test positivo dopo la 20ª settimana gestazionale quando la diuresi fetale comincia ad aumentare in maniera considerevole (sono descritti in letteratura casi risultati falsi-negativi con esami prima della 20ª settimana). Inoltre, poiché dal momento dell'infezione materno-fetale al momento dell' eliminazione del virus con l'urina fetale possono passare da 6 a 9 settimane, l'esame eseguito prima della 20ª settimana gestazionale non consentirebbe di ottenere informazioni su un possibile passaggio transplacentare ed infezione fetale avvenuta alla 11ª-12ª settimana gestazionale. I tests così condotti danno esito negativo in circa il 70% circa dei casi, mentre sarà positivo nel 30% circa, ma solo in un terzo di essi vi è rischio per il feto. La diagnosi ecografica prenatale dei danni fetali da Cytomegalovirus è molto difficile e in alcuni casi impossibile; pertanto talvolta è tardiva (IIIº trimestre) o non viene fatta. Non esistono, a tutt’oggi, dei sicuri parametri prenatali che permettano di dimostrare con certezza un danno fetale causato da Cytomegalovirus. Le anomalie più frequentemente descritte sono una difettosa crescita fetale (I.U.G.R.), l'epatomegalia, la spenomegalia, la microcefalia, la ventricolomegalia cerebrale, le calcificazioni endocraniche periventricolari, versamenti (in alcuni casi reversibili) e alterazioni della quantità di liquido amniotico (di solito oligoamnios), etc; questi segni, però, possono  insorgere tardivamente e, in alcuni casi, non sono presenti o non sono dimostrabili. Nel caso in cui durante una ecografia di screening venissero riscontrate una o più delle anomalie sopracitate si consiglia di sottoporre la gestante ad esami per accertare una infezione da Cytomegalovirus. In alcuni Centri vi è la possibilità di sottoporre la gravida alla Risonanza Magnetica Nucleare per verificare, in utero, la diagnosi ecografica e, se possibile, accertare la presenza di altre anomalie non diagnosticate con l’esame ultrasonografico; la risonanza magnetica in media dura circa 30 minuti, è indolore per la madre e per il feto e non richiede la sedazione.

Condotta Ostetrica - Allo stato attuale non esiste un vaccino contro il Cytomegalovirus: non è quindi possibile garantire la prevenzione assoluta né nei confronti dell'infezione da Cytomegalovirus né della trasmissione materno-fetale. La determinazione degli anticorpi anti-Cytomegalovirus eseguita di routine, prima e dopo la gravidanza, è di limitato valore nella pratica anche perché la dimostrazione di una pregressa infezione nella gestante non esclude una riattivazione dell’infezione in gravidanza. Alcuni Autori, durante la gestazione, consigliano un controllo periodico degli anticorpi anti-Cytomegalovirus (analogamente a quanto si fa per Rosolia e Toxoplasmosi). Si dosano 2 tipi di anticorpi, le IgG (che permangono per tutta la vita dopo l'infezione) e le IgM, indice di un'infezione recente. Se sono presenti le IgM e non si conosce la situazione anticorpale precedente, bisogna capire se l'infezione è avvenuta durante la gravidanza o subito prima. La sieroconversione è certa solo quando, dopo alcuni test negativi, improvvisamente si positivizzano le IgM. E' segnalata la possibilità di persistenza molto prolungata, anche per anni, delle IgM nel siero della donna, fatto che può creare un'inutile apprensione. Attualmente il test per la ricerca degli anticorpi anti-Cytomegalovirus nel sangue materno non è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale in quanto non è compreso nel protocollo ministeriale degli esami consigliati durante la gravidanza, probabilmente perchè per l'infezione da Cytomegalovirus, data la sua diffusione, la prevenzione risulta molto limitata, l’infezione materna non sempre comporta una infezione fetale e all'eventuale infezione fetale non fa automaticamente seguito un danno fetale, neonatale o infantile, non esiste una terapia efficace né per la gestante né per il feto e l'infezione fetale raramente provoca anomalie gravi. In caso di non immunità, si consiglia alla gestante di evitare di baciare sulla bocca e il contatto stretto con bambini piccoli, lavare bene le mani con estrema cura dopo aver toccato la loro saliva, il muco nasale o l'urina, cambiare i pannolini del bambino con i guanti, di usare la massima attenzione nel contatto diretto con qualunque materiale organico, (se possibile, evitarlo). Dopo un'infezione primaria, Alcuni Autori, sconsigliano una gravidanza per almeno sei mesi per l'alto rischio di escrezione del virus durante tale periodo. Nei casi diagnosticati o sospettati in epoca prenatale è importante espletare il parto in un Centro attrezzato, con un servizio di rianimazione neonatale, assistenza neonatale intensiva e chirurgia neonatale, in cui si possa pianificare un’assistenza ostetrica  e neonatale appropriate alla patologia. Per quanto riguarda la programmazione del  parto non vi sono controindicazioni al parto naturale.

Terapia Prenatale - Contro l'infezione fetale da Cytomegalovirus attualmente non esiste un trattamento farmacologico, poiché i farmaci antivirali, che attualmente possediamo, non sono efficaci o hanno molti effetti collaterali, pertanto vengono usati per lo più nei neonati infettati, anche se l’efficacia  nei confronti delle lesioni già presenti alla nascita è minima. A differenza degli altri herpesvirus il Cytomegalovirus non è sensibile all’azione dell’acyclovir e solo recentemente è stato introdotto, anche in campo neonatale, l’impiego del gancyclovir, farmaco già sperimentato nell’adulto. Un farmaco alternativo al gancyclovir, con un meccanismo d’azione analogo, è il foscarnet. La terapia potrebbe avere qualche utilità nelle forme asintomatiche alla nascita, con l'intento di prevenire o ridurre le conseguenze in età pediatrica; a tal proposito sono in corso studi in merito al possibile impiego di immunoglobuline specifiche nel neonato. Gli studi sul meccanismo di replicazione del Cytomegalovirus e l'identificazione e  di alcune classi di geni in esso coinvolti potrebbero risultare determinanti per arrivare ad una terapia efficace anche nel feto.

Assistenza Neonatale - Solo il 5-15% dei feti infettati presenta alla nascita della manifestazioni cliniche, quali ingrossamento del fegato e della milza,  ritardo di crescita, microcefalia, lesioni oculari e deficit uditivo. Circa l'85-95% dei neonati con infezione congenita da Cytomegalovirus sono asintomatici alla nascita, tuttavia di questi il 10-15% presenterà sequele a distanza. Se l’infezione è confermata il neonato, anche se apparentemente sano, dovrà essere seguito per almeno i primi due anni di vita da un centro specializzato per poter monitorare il sistema neurosensoriale.

Prognosi - L'infezione è estremamente frequente ma il feto è danneggiato in maniera grave molto di rado, infatti la maggior parte delle infezioni fetali è asintomatica o poco sintomatica, anche se le conseguenze dell'infezione possono rendersi evidenti dopo diversi anni dalla nascita e si manifestano con ipoacusia e sordità neurosensoriale (la conseguenza più frequente), spesso bilaterale, che frequentemente presenta un andamento progressivo, deficit intellettivi, difficoltà di apprendimento, corioretinite, atrofia ottica e, talvolta, difetti di dentizione e colorazione gialla dei denti con fragilità ed opacità dello smalto. In generale circa 1 neonato su tremila presenta o presenterà segni clinicamente rilevanti di infezione da Cytomegalovirus. Purtroppo non esistono, a tutt’oggi, dei sicuri parametri prenatali che permettano di stabilire con certezza la prognosi post-natale dei singoli casi.

Il contenuto di questa informativa, vista la complessità dell’argomento, è parziale e non esaustivo, per cui consigliamo di richiedere ai propri medici ulteriori e più complete informazioni sui criteri diagnostici, la prognosi e le possibilità di trattamento.