BASI ANATOMO-FUNZIONALI DELLA CIRCOLAZIONE FETO-PLACENTARE

Dopo l'impianto della blastocisti nello spessore della decidua (7°-8° giorno dal concepimento), le cellule si differenziano in entoderma, mesoderma ed ectoderma. Dalle cellule ectodermiche si differenzia il trofoblasto primitivo che, per proliferazione, forma proiezioni villose nella decidua circostante. Ciascun villo è costituito da un'asse mesodermico coperto da 2 strati di cellule trofoblastiche: le cellule dello strato esterno formano il  sincizio trofoblasto, mentre quelle dello strato interno formano il citotrofoblasto. Le cellule trofoblastiche ed il sottostante stroma mesodermico costituiscono il corion primitivo ed i villi coriali. A livello della decidua basale i villi proliferano marcatamente (corion frondosum), mentre in corrispondenza della decidua capsulare i villi scompaiono (corion laeve). Durante le prime 2 settimane di gestazione i villi coriali non contengono vasi sanguigni e l'embrione non ha ancora sviluppato un sistema cardiocircolatorio. Verso la fine della 3ª settimana alcune isole dello stroma mesodermico del corion si differenziano in isole ematiche; per ramificazione e fusione di questi vasi, il corion diviene vascolarizzato, mentre dal mesoderma embrionario si sviluppa l'apparato cardio-circolatorio fetale. Alla fine della 4ª settimana si stabiliscono le connessioni fra i vasi del corion e quelli del feto, stabilendosi la circolazione feto-placentare, mentre l'amnios, che deriva dall'ectoderma extra-embrionario, si allarga e l'embrione resta racchiuso nel sacco amniotico e collegato al corion tramite il cordone ombelicale. I villi coriali alla base della placenta diventano saldamente ancorati alla decidua basale, e la zona di ancoraggio comincia ad assumere un aspetto ad alveare, con i vasi arteriosi materni (arterie spirali) che comunicano con gli spazii intervillosi (lacune ematiche), mentre i vasi venosi materni comunicano con lo spazio sottocoriale. Il sangue materno circola all'interno degli spazii intervillosi, mentre il sangue fetale circola all'interno dei villi coriali, cosicchè i due fluidi sono separati dall'epitelio del corion. Tra la 7ª e la 16ª settimana i villi coriali si ramificano in villi di 2° ed infine di 3° ordine; sono questi che permettono la progressiva caduta delle resistenze placentari. L'invasione trofoblastica interessa sempre più in profondità i segmenti miometrali delle arterie spirali con distruzione della loro componente muscolo-elastica e con sfiancamento del lume del vaso; tale processo si ritiene prevalente a 16-18 settimane e si completa verso la 20ª settimana. Dopo la 20ª settimana, con il completarsi della cosiddetta placentazione, il  flusso ematico ombelicale risulta notevole anche in fase diastolica. In condizioni patologiche, a volte, tale processo risulta essere deficitario e associato a fenomeni di aterosi, stenosi arteriolare e ad infarti placentari; ne consegue una deficiente caduta delle resistenze arteriose e una maggiore sensibilità alle sostanze vasoattive. Durante l'invasione deciduale il trofoblasto produce prostaciclina, che controbilancia l'effetto di aggregante  piastrinico del tromboxano prodotto dalle piastrine stesse, evitando così che il sangue coaguli negli spazii intervillosi dove ragginge la velocità minima. Quando l'equilibrio prostaciclina corionica-tromboxano piastrinico è alterato (solitamente per scarsa produzione di prostaciclina) ne consegue un alterazione dell'emodinamica feto-placentare; se tale alterazione emodinamica è precoce e grave la gravidanza può esitare in aborto, mentre se è lieve potrà manifestarsi un difetto di crescita fetale nel proseguo della gravidanza. E' possibile ricreare un equilibrio prostaciclina-tromboxano abbassando la produzione di tromboxano piastrinico; ciò è possibile bloccando selettivamente la ciclossigenasi piastrinica. Il sangue fetale arricchito di ossigeno e metaboliti dai villi coriali viene convogliato nella vena ombelicale (contenuta nel cordone ombelicale), che arriva al fegato fetale. A livello del seno portale è cortocircuitato per il 55% nella vena cava inferiore, evitando così il microcircolo epatico attraverso una via preferenziale: il Dotto Venoso di Aranzio; per tale motivo il feto non è protetto da sostanze nocive che abbiano superato la barriera placentare. Il flusso della vena cava inferiore si presenta così molto ossigenato, per l'85%. A livello della confluenza tra dotto epatico e vena cava inferiore una struttura membranosa sposta il sangue più ossigenato nella sezione posteriore sinistra del vaso, mentre il sangue proveniente dal soma fetale scorre nella sezione anteriore destra. Giunto al cuore il sangue più ossigenato dalla vena cava inferiore passa quasi completamente dall'atrio destro a quello sinistro, attraverso il forame ovale, e da qui al ventricolo sinistro, attraverso la valvola mitrale. Ciò avviene probabilmente per la particolare conformazione dello sbocco intracardiaco della vena cava inferiore, in particolare per la presenza della valvola di  Eustachio ed il septum primum e septum secundum che formano il forame ovale. Il sangue meno ossigenato dalla vena cava superiore passa, invece, quasi completamente attraverso la tricuspide, nel ventricolo destro; il livello di saturazione di ossigeno è, quindi, diverso nei 2 ventricoli: 65% nel ventricolo sinistro e 50% nel ventricolo destro. Il sangue più ossigenato dal ventricolo sinistro, attraverso l'aorta ascendente e il circolo coronarico, irrora preferenzialmente il miocardio e, attraverso le carotidi, l'encefalo fetale: solo il 10% raggiunge l'aorta discendente. Il sangue meno ossigenato dal  ventricolo destro, mediante l'arteria polmonare, per il 95% della gittata attraversa il Dotto Arterioso di Botallo e raggiunge l'aorta discendente, shuntando così i polmoni, cosicchè il sangue ipossigenato raggiunge le parti distali del soma fetale e, attraverso le 2 arterie ombelicali raggiunge la placenta, dove cede i cataboliti e l'anidride carbonica al sangue materno. In condizioni normali il 40% della gittata cardiaca va alla placenta; in condizioni di ipossia alla placenta ne arriva fino al 60%. In caso di ipossia (solitamente per alterazione degli scambi placentari), per compenso, si ha un'aumento del 60-70% della portata del Dotto Venoso di Aranzio che contiene dei chemocettori per la PO2 e la PCO2; ciò penalizza il fegato che viene ipoperfuso e col cronicizzarsi della situazione depaupera il suo contenuto in glicogeno e diminuisce di volume, con conseguente riduzione della circonferenza addominale. Contemporaneamente, in risposta all'ipossia, il surrene fetale produce catecolamine, che agiscono sulle arteriole precapillari, provocando vasodilatazione dei distretti coronarico e cerebrale (Brain Sparing Effect), e vasocostrizione nei distretti cutaneo, splancnico e polmonare. L'ipoperfusione polmonare è responsabile della ridotta biosintesi di surfactant polmonare, mentre l'ipoperfusione renale è la causa di oligoamnios nei casi di ipossia fetale cronica. Questa redistribuzione del flusso ematico fetale (Centralizzazione  del Circolo) è una forma di compenso all'ipossia, la cui validità e durata sono in funzione dell'entità e della durata della noxa patogena. Perdurando o aggravandosi l'ipossia persiste l'alta portata sanguigna cerebrale, ed è proprio questa alta portata insieme al danno diretto dell'ipossia a provocare il danno neurologico perinatale. Il rapporto fra il flusso sanguigno nell'arteria carotide interna e quello nelle arterie renali ci dà una stima della ridistribuzione dei flussi e del grado di ipossia.