LA DIAGNOSI ECOGRAFICA PRENATALE
DELLE MALFORMAZIONI NEL SECONDO TRIMESTRE DI GRAVIDANZA: STATO DELL'ARTE E
ANALISI CRITICA DELLE ESPERIENZE DISPONIBILI
G. Pilu
Medicina dell'Età Prenatale - Clinica Ginecologica e Ostetrica
Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna
RIASSUNTO
Le ecografie ostetriche che vengono comunemente eseguite nel secondo
trimestre hanno diverse finalità, ma soprattutto quella di identificare
malformazioni fetali. Numerosi studi hanno tentato di stabilire la efficacia
diagnostica di queste ecografie, con risultati molto eterogenei. Molti di questi
studi presentano comunque problemi metodologici che tendono ad esagerare la
sensibilità del metodo. Un 'analisi critica dei dati suggerisce che un esame
ecografico standard eseguito intorno a 20 settimane permetta di identificare
i140% o meno delle malformazioni che sarebbero altrimenti riconosciute alla
nascita. Con poche eccezioni, non esistono specifiche malformazioni che siano
sempre sicuramente riconoscibili. La efficacia di un esame ecografico esperto,
che comprenda la valutazione di distretti fetali comunemente non indagati, come
il volto e l'apparato cardiovascolare, è probabilmente superiore rispetto a
quella di un esame standard, ma resta da stabilire.
PREMESSA
La pratica corrente nel nostro paese prevede che alle pazienti gravide
vengano offerti tre esami ecografici, uno dei quali intorno a 20 settimane, con
lo scopo, tra gli
altri, di verificare l'integrità dell'anatomia fetale. Esiste nella popolazione
generale l'impressione che l'ecografia prenatale abbia grandi capacità
diagnostiche (se si 'vede' il feto con l'ecografia ne consegue che si dovrebbero
facilmente riconoscere lesioni anatomiche specialmente se grossolane,.
macroscopiche). D'altra parte, anche nella letteratura specialistica, è diffusa
l'opinione che un esame ecografico adeguatamente eseguito intorno alla 20'
settimana permette di identificare la maggioranza delle malformazioni, e da
diverse parti viene suggerito che la sensibilità si aggiri intorno al 70%. In
realtà, questa opinione non soltanto non è sostenuta, ma è contraddetta dalle
evidenze disponibili. Lo scopo di questo articolo è quello di analizzare nel
dettaglio e comparativamente gli studi fino ad ora disponibili, mettendo in luce
i numerosi problemi metodologici che questi presentano, di inquadrare con
maggiore precisione la reale precisione delle ecografie prenatali nella
identificazione delle anomalie fetali, e di fornire in questo modo un contributo
alla discussione medico-legale intorno al problema delle mancate diagnosi di
anomalie fetali.
LA DIMENSIONE DEL PROBLEMA: COSA SONO E QUANTO SONO FREQUENTI LE
MALFORMAZIONI FETALI
Un'anomalia congenita è una deviazione dalla normale architettura anatomica
di un organo o apparato. Può derivare da un primordio intrinsecamente anomalo,
oppure da un primordio normale sul cui sviluppo hanno agito fattori estrinseci.
Vengono di solito distinte malformazioni, deformazioni e disrafie. Una
malformazione è un difetto morfologico di un organo, parte di un organo, o di un
sistema di organi o apparato che deriva da un processo di sviluppo
intrinsecamente anormale. L'anomalia può non essere identificabile in stadi
precoci dell'ontogenesi. Il tipico esempio è quello dell'abbozzo di un arto che
appare normale nelle prime settimane odi vita embrionale, ma che in seguito
sviluppa un dito in più. Le malformazioni possono essere considerate come il
risultato di un arresto nello sviluppo del primordio, cioè di una morfogenesi
incompleta (esempio mancanza di un dito), oppure di una morfogenesi ridondante
(esempio: polidattilia) o aberrante (es. sindattilia). Le malformazioni
occorrono più frequentemente nel corso del periodo embrionale (prima della 10'
settimana di amenorrea), ma alcune possono insorgere anche dopo quest'epoca. In
genere, tanto più precoce è l'insorgenza, tanto più complesso è il quadro
risultante. Il termine deformazione identifica un'anomalia di forma o posizione
di una parte del corpo causate da una forza estrinseca, meccanica, non
dirompente. In questi casi, il primordio embrionale ha avuto uno sviluppo
intrinsecamente normale, ma il risultato finale è stato modificato da un fattore
esterno. Per esempio, l'oligoidramnios può produrre restrizione dei movimenti e
determinare la comparsa di anomalie alle articolazioni, piede torto in
particolare. D'altra parte, il piede torto può anche rappresentare la
conseguenza di una insufficiente mobilità legata a paralisi muscolare secondaria
a spina bifida. Le deformazioni si manifestano tipicamente nelle fasi avanzate
della gravidanza. Le forze estrinseche comprendono, oltre alla già citata
scarsità di liquido amniotico, gravidanze plurifetali e miomi. Una disrafia è un
difetto morfologico determinato dalla interruzione, o comunque alterazione
estrinseca, di un processo di sviluppo intrinsecamente normale, di solito come
conseguenza di alterata vascolarizzazione. Esempi tipici comprendono le cisti
porencefaliche, la gastroschisi, e le amputazioni degli arti nella sindrome da
banda amniotica. Di seguito, utilizzeremo il termine generico malformazione per
indicare tutte le anomalie della morfologia fetale, per semplicità e anche
perché non è sempre possibile una chiara distinzione. Ma sottolineiamo che
deformazioni e disrafie compaiono dopo l'embriogenesi e a volte soltanto nella
gravidanza avanzata. Un esempio ben documentato è rappresentato dalle emorragie
endocraniche, che possono rappresentare la conseguenza di sindromi da
trasfusione feto-fetale, coagulopatie congenite o traumi. Sempre in quest'ambito,
la potenziale progressione di una emorragia endocranica verso una idrocefalia
ostruttiva (pilu emorragie) documenta la difficoltà di distinguere una disrafia
da una malformazione vera. Nell'uso comune, le malformazioni vengono distinte in
minori e maggiori. Una malformazione viene comunemente definita maggiore quando
determina problemi medici, chirurgici o estetici, o comunque un aumento della
morbilità o mortalità. Una malformazione viene invece definita minore quando non
ha simili implicazioni, e non influenza l'aspettativa di vita o la qualità di
questa. Naturalmente, questa classificazione è arbitraria, e comporta elementi
di soggettività. Spesso nella letteratura ostetrica, viene fatto riferimento ad
una maggiore capacità diagnostica della ecografia prenatale nei confronti delle
malformazioni cosiddette maggiori, senza tuttavia definire chiaramente che cosa
sia maggiore. Un problema cruciale, per la valutazione della letteratura
disponibile sulla diagnosi prenatale, è rappresentato dalla frequenza delle
malformazioni. I numerosi studi epidemiologici sono in linea di massima concordi
sui seguenti punti:
. l'incidenza delle malformazioni è probabilmente omogenea, perlomeno nei paesi
industrializzati, e dipende largamente dall'epoca alla quale la popolazione
viene esaminata e dalle modalità con cui viene effettuata l'indagine;
. se viene utilizzato il certificato di nascita, che si basa su un esame esterno
al momento della nascita, effettuato per lo più da una ostetrica, la prevalenza
delle malformazioni si aggira intorno all'l %; se l'esame viene effettuato nei
primi giorni di vita da parte di un pediatra esperto, la prevalenza è intorno al
2-5%, con un valore medio in molte realtà pari a circa il 2,5%; studi di area
con lunghi follow-up, estesi all'età scolare, riportano valori nell'ordine del
10-14% o più (2, 3); infine, molti feti malformati vanno incontro ad aborto
spontaneo (teratoatanasia) la frequenza delle malformazioni prima di 8 settimane
è almeno 7 volte più alta che alla nascita; anche nel corso della vita fetale,
tra 12 e 24 settimane, la frequenza delle malformazioni è almeno doppia rispetto
a quella riscontrata alla nascita (4).
DIAGNOSI PRENATALE ECOGRAFICA DELLE MALFORMAZIONI: GLI STUDI DISPONIBILI
Numerosi studi hanno affrontato negli ultimi 20 anni il problema della
diagnosi prenatale delle malformazioni fetali. La natura di questi studi è molto
eterogenea ma riconducibile a tre modelli fondamentali: segnalazioni di casi
isolati (case reports), casistiche ottenute da popolazioni selezionate, e infine
casistiche ottenute da popolazioni non selezionate. Ciascuno di questi modelli
ha rilevanza scientifica e clinica. Se si vuole stabilire la capacità della
ecografia come metodica di screening delle malformazioni fetali, non si può fare
riferimento né a case reports né a casistiche selezionate. Il case report, per
sua natura, descrive una diagnosi inusuale. Le casistiche su popolazioni
selezionate sono ingannevoli. Da un lato provengono per lo più da Centri di
riferimento, dove l'esperienza degli operatori, la tecnologia impiegata e il
livello di attenzione alla problematica delle malformazioni fetali sono
superiori alla media. Dall'altro lato, la popolazione esaminata è arricchita da
due tipologie di pazienti: gravide che vengono inviate perché in esami
ecografici eseguiti in altre strutture è stata sospettata una anomalia fetale, e
gravide che sono a rischio anamnestico per malformazioni teoricamente
diagnosticabili per mezzo dell'ecografia. E' evidente come tutti questi fattori
tendano a favorire le diagnosi. La soluzione al problema può quindi derivare
esclusivamente da studi nei quali siano stati esaminati campioni
sufficientemente ampi (le malformazioni sono nel complesso rare) di pazienti non
selezionate. Nella tabella I sono riassunti gli studi principali (1, 5-17), che
hanno focalizzato le ecografie eseguite intorno alla 20' settimana. Ad una prima
analisi, il dato che sorprende maggiormente è l'enorme differenza dei risultati
che sono stati ottenuti. Le percentuali di rilevamento (alle quali si fa
comunemente riferimento con il termine sensibilità) variano tra un minimo del 17
e un massimo dell'85%. La forbice tra questi estremi è troppo ampia, per non
pensare che questi studi contengano problemi, o comunque incongruenze, di natura
metodologica.
Dal momento che l'ecografia ostetrica è una tecnica complessa, e che esistono in
ogni parte del mondo problemi di formazione degli operatori, è stato più volte
suggerito che la differenza di sensibilità degli studi disponibili dipenda
principalmente dalla diversità di esperienza degli operatori. Questo fattore
gioca senz'altro un ruolo importante (ad esempio, gli studi eseguiti in singoli
ospedali dove presumibilmente lo studio è stato promosso proprio perché esiste
interesse e quindi esperienza nella diagnostica ecografica forniscono risultati
superiori rispetto agli studi multicentrici, condotti in una rete di Centri che
probabilmente riflette più fedelmente il livello medio di esperienza). Ma
esistono sicuramente altri fattori. La prevalenza delle malformazioni
riscontrate alla nascita dovrebbe essere omogenea, e aggirarsi intorno al 2,5%,
ed è invece estremamente dispersa, con valori che vanno da un minimo dello 0,4%
a valori del 4,6%. La sensibilità è determinata dal rapporto delle diagnosi
prenatali di malformazione e dal totale dei feti malformati, nati o abortiti. Se
l'accertamento alla nascita è stato incompleto (alcune malformazioni, anche
severe, come le cardiopatie possono manifestarsi soltanto dopo giorni o
settimane dalla nascita) il denominatore viene ridotto e ne risulta un
artificioso aumento della sensibilità. D'altra parte, se la frequenza delle
malformazioni è molto maggiore rispetto all'atteso, sorge il sospetto che la
popolazione sia in qualche modo selezionata. In effetti, uno studio che ha una
prevalenza del 4,6%, quasi doppia rispetto all'atteso, contiene un numero non
realistico di difetti del tubo neurale, tanto da fare pensare o ad una insolita
evenienza statistica o ad un arricchimento di casi patologici da probabile
riferimento (17). Soltanto 3 studi hanno una prevalenza di anomalie alla nascita
compatibile con quella attesa, vale a dire nell'ordine del 2,5% (7, 10, 13). Non
casualmente, questi studi si distinguono per un profilo scientifico elevato:
sono indagini prospettive e multicentriche (e quindi riflettono meglio la
capacità media degli ecografisti ostetrici) e hanno definito con molta
precisione sia le caratteristiche delle indagini prenatali che quelle degli
accertamenti postnatali. Il primo studio è stato eseguito in Belgio, nella
seconda metà degli anni 80 (1), il secondo negli Stati Uniti, alla fine degli
anni '80 (10), il terzo sempre in Belgio, all'inizio degli anni '90 (13). La
sensibilità degli esami eseguiti intorno alla 20a settimana è stata
paragonabile, precisamente 17, 21 e 40%. I due studi condotti successivamente in
Belgio, sono stati effettuati negli stessi Centri, e suggeriscono che la qualità
delle ecografie sia significativamente aumentata a cavallo degli anni '80. Molti
esperti del ramo sarebbero probabilmente d'accordo su questo punto. Tra il 1984
e il 1990 la tecnologia delle strumentazioni ha avuto una grande evoluzione, e
sono stati messi a punto aspetti critici della metodologia dell'esame
dell'anatomia fetale. L'uso dei segni cranici per la predizione della spina
bifida aperta e l'impiego ragionato e sistematico della proiezione delle quattro
camere per le cardiopatie e le anomalie toraciche sono stati introdotti intorno
al 1986 e probabilmente il messaggio non ha raggiunto del tutto la comunità
degli ecografisti ostetrici prima della fine degli anni '90. Inoltre, nel primo
studio Belga l'epoca di effettuazione degli esami ecografici era più dispersa,
con molte pazienti viste intorno alla 16a settimana, una epoca notoriamente più
'difficile' rispetto alla ormai consolidata 20a settimana. E' probabile che
nello studio americano la maggior parte delle pazienti sia stata sottoposta a
dosaggio della alfafetoproteina plasmatica, una indagine comunemente non
eseguita in Belgio perlomeno a cavallo degli anni '90. In effetti, nello studio
americano nel quale l'ecografia non ha certamente brillato, 1'80% dei casi di
spina bifida, una delle più frequenti tra le gravi malformazioni, è stato
riconosciuto nel secondo trimestre. Negli studi belgi, nei quali l'ecografia ha
funzionato mediamente molto meglio, la proporzione è stata soltanto del 40%.
L'influenza dello screening con alfafetoproteina è probabilmente una variabile
importante di questi studi che non è stata fino ad ora approfondita. Quindi, si
sarebbe propensi a ritenere che la sensibilità di un esame ecografico standard
si collochi tra il 17 e il 40%, e che al momento attuale si aggiri più
probabilmente intorno a quest'ultimo valore. L'ipotesi è confermata da due
ulteriori considerazioni. In primo luogo, dal momento che la frequenza delle
malformazioni è discretamente omogenea nelle diverse popolazioni, ed è intorno
al 2,5% dei nati, l'efficacia dell'ecografia prenatale potrebbe essere valutata
semplicemente calcolando il numero totale di malformazioni riconosciute. In
effetti, in questo modo i diversi studi appaiono più congrui di quanto non
avvenga se si confrontano le sensibilità dichiarate. L'andamento temporale
dimostra un chiaro incremento delle diagnosi, il che è ragionevole. La maggior
parte degli studi recenti riporta un numero di diagnosi intorno a 10 per 1000
gravidanze (Figura 1), vale a dire circa il 40% delle 25 malformazioni per 1000
gravidanze probabilmente presenti in tutte queste popolazioni. In secondo luogo,
una sensibilità del 40% è la stessa riportata da Eurofetus (18), uno studio di
considerevole rilievo che tuttavia ha caratteristiche abbastanza peculiari da
meritare una discussione separata. Lo studio Eurofetus è una indagine
multicentrica prospettica che comprende una casistica sorprendentemente ampia,
oltre 3000 casi, di feti malformati sottoposti a diagnosi prenatale. La
popolazione indagata comprendeva tutti i feti malformati, nati o abortiti,
presso una rete europea di strutture di terzo livello. Sono tuttavia state
escluse dal computo le gravidanze che erano state riferite per il sospetto di
una malformazione fetale, in maniera da includere soltanto i casi scoperti alle
ecografie eseguite sulle pazienti a basso rischio. Le informazioni fornite da
Eurofetus sono di grande interesse. Tuttavia, il disegno molto particolare dello
studio suggerisce che la capacità diagnostica dell'ecografia sia stata favorita
Q.'indagine è stato condotta in Centri di riferimento con competenza
probabilmente superiore alla media, e la diagnosi positiva di malformazione
potrebbe avere 'attratto' pazienti che altrimenti avrebbero partorito altrove).
D'altra parte, esiste naturalmente il problema della teratoatanasia, vale a dire
della selezione intrauterina dei feti malformati. E' probabile che nel computo
totale della malformazioni siano presenti patologie letali riconosciute
dall'ecografia a 20 settimane (igromi cistici, anomalie multiple, ecc) che
traducendo si in aborto non verrebbero comunemente incluse nei programmi di
controllo epidemiologici effettuati sui nati, vivi o morti. E' possibile che nel
corso degli ultimi anni la capacità dell'ecografia ostetrica sia aumentata
ulteriormente ma non esistono dati attendibili al proposito. E' diffusa
l'opinione che risultati di gran lunga migliori sarebbero ottenuti da una
ecografia fetale 'esperta', vale a dire una valutazione morfologica
approfondita, che comprenda oltre ai parametri comunemente raccomandati anche
dettagli anatomici di non semplice dimostrazione (ad esempio il volto,
l'encefalo e l'apparato cardiovascolare nel loro complesso). Tuttavia, non
esistono fino a questo punto studi che permettano di stabilire con un
ragionevole livello di precisione quante anomalie sarebbero diagnosticate da un
simile esame in una popolazione a basso rischio. I dati disponibili riguardano
sostanzialmente pazienti selezionate o miste. L'estrapolazione alla popolazione
generale sarebbe azzardata, perché come è già stato detto, queste casistiche
sono arricchite di diagnosi positive.
CONCLUSIONI
In quale misura un esame di un esame ecografico standard è in grado di
riconoscere malformazioni fetali?
Gli studi disponibili sono contraddittori, verosimilmente per differenze
metodologiche. La migliore evidenza disponibile suggerisce che un esame standard
adeguatamente condotto intorno a 20 settimane in una paziente a basso rischio
permetta di identificare il 40% o meno delle malformazioni comunemente
riscontrate alla nascita.
Qual è la sensibilità di un esame ecografico standard nei confronti di
specifici gruppi di malformazioni?
L'estrema eterogeneità e la rarità delle diverse malformazioni prese
singolarmente non consente di stilare un elenco preciso di cosa e comunque in
quale misura possa essere diagnosticato da un esame standard intorno a 20
settimane. I dati migliori al proposito sono forniti dallo studio Eurofetus.
Nessuna malformazione è mai stata riconosciuta nel 100% dei casi. La maggior
parte delle malformazioni sono state riconosciute in meno della metà della casi.
La probabilità di riconoscere una malformazione, contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, non è direttamente correlata alla gravità di questa. Ad
esempio, molte malformazioni cerebrali catastrofiche hanno reperti ecografici
sfuggenti o addirittura assenti nel secondo trimestre.
E' ragionevole uno screening ecografico delle malformazioni se la sensibilità
è tanto bassa?
Il problema resta insoluto. Nella opinione di molti, la possibilità di
vedere anche soltanto una parte delle malformazioni giustifica un programma di
screening. Di sicuro, è diffusa non soltanto nelle pazienti ma anche in molti
medici la convinzione che un esame ecografico nel secondo trimestre riconosca la
maggior parte delle malformazioni, e che quindi una mancata diagnosi rappresenti
l'eccezione. Al contrario, l'evidenza disponibile dimostra quasi l'opposto. La
diagnosi viene mancata in
oltre la metà dei casi.
Qual è la sensibilità di un esame ecografico esperto eseguito nel secondo
trimestre?
In un esame ecografico standard soltanto una parte dell'anatomia fetale
viene comunemente valutata. E' ragionevole che estendendo l'esame ad altri
distretti anatomici, ad esempio il volto e l'apparato cardiovascolare, aumenti
la identificazione delle malformazioni. Tuttavia, non esistono dati al proposito
per quanto riguarda l'impiego nelle popolazioni a basso rischio. Nonostante la
migliore esperienza e tecnologia, restano importanti limiti fisici (molte parti
del feto non sono in realtà dimostrabili dall'ecografia) e biologici (molte
malformazioni non sono ancora presenti o comunque non hanno ancora dato
manifestazioni ecografiche nel secondo trimestre di gravidanza).
IL PROBLEMA MEDICO-LEGALE DELLA MANCATA DIAGNOSI PRENATALE DI UNA
MALFORMAZIONE: RACCOMANDAZIONI
NELL'ANALISI DELLA BIBLIOGRAFIA DISPONIBILE
La valutazione ecografica dell'anatomia di un feto al secondo trimestre è un
esame dinamico, con una durata variabile, grossomodo intorno a 20 minuti, nel
corso del quale vengono osservati/misurati un grande numero di parametri.
Documentare l'esame non è mai agevole, per una lunga serie di ragioni: le
immagini prese in considerazione sono numerosissime e non possono essere tutte
fotografate; le immagini statiche hanno una qualità inferiore rispetto a quelle
viste in tempo reale e si riproducono male sui supporti comunemente utilizzati;
spesso l'esame viene eseguito in contesti organizzativi nei quali
l'archiviazione e la conservazione sono difficoltosi o carenti. In un caso di
mancata diagnosi di una malformazione, stabilire a posteriori se una ecografia
sia stata eseguita adeguatamente o meno è spesso impossibile, e la discussione
medico-legale verte in e in larga misura sulla 'diagnosticabilità'
dell'anomalia, desunta dalla letteratura scientifica. Questa letteratura deve
essere analizzata e riportata in modo appropriato, cosa che sembra elementare ma
che purtroppo molto raramente avviene. Gli elementi dai quali una consulenza
tecnica non dovrebbe prescindere sono i seguenti:
1) le segnalazioni di singoli casi (case reports) non hanno alcuna utilità per
stabilire la diagnosticabilità di una malformazione. Il fatto che un'anomalia
sia stata riconosciuta una volta non implica che sia sempre riconoscibile. I
case reports vengono pubblicati dalle riviste scientifiche in quanto eventi
inusuali. Si dovrebbe argomentare quindi che se la letteratura disponibile è
costituita soltanto da case reports, la diagnosi prenatale di quella anomalia
esula dalla pratica medica corrente.
2) Nella valutazione di casistiche cliniche, devono essere considerati
separatamente gli esami ecografici standard, eseguiti su pazienti a basso
rischio, e quelli mirati, eseguiti su pazienti a rischio di specifiche
problematiche hanno risultati molto diversi. La differenza non riguarda soltanto
la metodologia dell'esame, più o meno accurata, o il livello di esperienza degli
operatori, più o meno elevato. La differenza è sostanziale. Le casistiche di
pazienti a rischio, selezionate, sono arricchite di diagnosi positive perché
contengono pazienti riferite da altri Centri per sospetti emersi all'ecografia.
La maggior parte degli studi sulla diagnosi prenatale di singole malformazioni
proviene da Centri di riferimento, e riguarda quindi gravide selezionate. Il
risultato di queste indagini non è traslabile alle gravide a basso rischio.
3) In genere, il problema medico-legale della mancata diagnosi di una
malformazione riguarda gli esami ecografici eseguiti intorno alla 20' settimana,
perché è quest'epoca che in Italia le pazienti hanno ancora la possibilità di
richiedere una interruzione volontaria di gravidanza. Tutti gli studi che hanno
esaminato la capacità diagnostica della ecografia nel corso della gravidanza
hanno di mostrato che gli esami del terzo trimestre di gravidanza identificano
molte anomalie che non erano state riconosciute nel secondo trimestre, circa il
20-30% del totale. Il che è comprensibile, dal momento che molte anomalie fetali
presentano una evoluzione nel corso della gestazione che le rende via via più
facilmente riconoscibili. Se ci si propone di valutare la capacità diagnostica
della ecografia al secondo trimestre, è necessario fare riferimento ai dati
della letteratura che riguardano quest'epoca.
4) Le malformazioni fetali sono rare se prese singolarmente. A tutt'oggi, i dati
migliori sulla diagnosticabilità di specifiche malformazioni negli esami eco
grafici standard provengono dallo studio Eurofetus, che comprende un numero
molto più grande di anomalie rispetto a tutti gli altri studi disponibili. Le
tabelle incluse alla pubblicazione sono particolarmente dettagliate, e sarebbe
auspicabile che nelle consulenze tecniche diventassero uno dei principali punti
di riferimento.
BIBLIOGRAFIA
1. Rosendahl H, Kivinen S. Routine ultrasound screening for early detection
of small for gestational age fetuses. Obstet Gynecol 1988; 71 (4): 518-21.
2. Erickson JD. 1ntroduction: birth defects surveillance in the United States.
Teratology 1997; 56 (1-2): 1-4.
3. Emery AEH, Rimoin R. Principles and practice of medicai genetics. Edinburgh:
Churchill Livingstone; 1983.
4. Shiota K. Teratothanasia: prenatal loss of abnormal conceptuses and the
prevalence of various malformations during human gestation. Birth Defects Orig
Artic Ser 1993; 29 (1): 189-99.
5. Saari-Kemppainen A, Karjalainen O, Ylostalo P, Heinonen OP. Ultrasound
screening and perinatal mortality: controlled trial of systematic one-stage
screening in pregnancy. The Helsinki Ultrasound Tria!. Lancet 1990; 336 (8712):
387-91.
6. Chitty LS, Hunt GH, Moore J, Lobb MO. Effectiveness of routine
ultrasonography in detecting fetal structural abnormalities in a low risk
population. Bmj 1991; 303 (6811): 1165-9.
7. Levi S, Hijazi Y, Schaaps JP. Sensitivity and specificity of routine
antenatal screening for congenita! anomalies by ultrasound: the Belgian
Multicentric study. Ultrasound Obstet Gynecol1991; 1: 102-10.
8. Shirley 1M, Bottomley F, Robinson VP. Routine radiographer screening for
fetal abnormalities by ultrasound in an unselected low risk population. Br J
Radiol 1992; 65 (775): 564-9.
9. Luck CA. Va!ue of routine ultrasound scanning at 19 weeks: a four year study
of 8849 deliveries. Bmj 1992; 304 (6840): 1474-8.
lO. Ewigman BG, Crane JP, Frigoletto FD, LeFevre ML, Bain RP, McNellis D. Effect
of prenata! ultrasound screening on perinatal outcome. RAD1US Study Group. N
EnglJ Med 1993; 329 (12): 821-7.
11. Crane JP, LeFevre IvIL, Winborn RC, Evans JK, Ewigman BG, Bain RP,
Frigoletto FD, McNellis D. A randomized tria! of prenata! ultrasonographic
screening: impact on the detection, management, and outcome of anomalous fetuses.
The RAD1US Study Group. Am J Obstet Gynecol1994; 171 (2): 392-9.
12. Saari-Kemppainen A, Karjalainen O, Ylostalo P, Heinonen OP. Fetal anomalies
in a controlled one-stage ultrasound screening trial. A report from the Helsinki
Ultrasound Tria!. J Perinat Med 1994; 22 (4): 279-89.
13. Levi S, Schaaps JP, De Havay P, Coulon R, Defoort P. End-result of routine
ultrasound screening for congenita! anomalies: the Belgian Multicentric Study
1984-92. Ultrasound Obstet Gynecol 1995; 5 (6): 366-71.
14. Boyd PA, Chamberlain P, Hicks NR. 6-year experience of prenata! diagnosis in
an unselected population in Oxford, UK. Lancet 1998; 352 (9140): 1577-81.
15. Eurenius K, Axelsson O, Cnattingius S, Eriksson L, Norsted T. Second
trimester ultrasound screening performed by midwives; sensitivity for detection
of feta! anomalies. Acta Obstet Gynecol Scand 1999; 78 (2): 98-104.
16. Whitlow BJ, Chatzipapas 1K, Lazanakis ML, Kadir RA, Economides DL. The value
of sonography in early pregnancy for the detection of fetal abnormalities in an
unselected pOPuiation. Br J Obstet Gynaecol 1999; 106 (9): 929-36.
17. Carvalho MH, Brizot I\IL, Lopes LM, Chiba CH, Miyadahira S, Zugaib M.
Detection of fetal strUctura! abnormalities at the 1114 week ultrasound scan.
Prenat Diagn 2002; 22 (1): 1-4.
18. Grandjean H, Larroque D, Levi S. The performance of routine ultrasonographic
screening of pregnancies in the Eurofetus Study. Am J Obstet Gynecol 1999; 181
(2): 446-54.