LA DIAGNOSI ECOGRAFICA PRENATALE DELLE MALFORMAZIONI NEL SECONDO TRIMESTRE DI GRAVIDANZA: STATO DELL'ARTE E ANALISI CRITICA DELLE ESPERIENZE DISPONIBILI

G. Pilu
Medicina dell'Età Prenatale - Clinica Ginecologica e Ostetrica
Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna

RIASSUNTO
Le ecografie ostetriche che vengono comunemente eseguite nel secondo trimestre hanno diverse finalità, ma soprattutto quella di identificare malformazioni fetali. Numerosi studi hanno tentato di stabilire la efficacia diagnostica di queste ecografie, con risultati molto eterogenei. Molti di questi studi presentano comunque problemi metodologici che tendono ad esagerare la sensibilità del metodo. Un 'analisi critica dei dati suggerisce che un esame ecografico standard eseguito intorno a 20 settimane permetta di identificare i140% o meno delle malformazioni che sarebbero altrimenti riconosciute alla nascita. Con poche eccezioni, non esistono specifiche malformazioni che siano sempre sicuramente riconoscibili. La efficacia di un esame ecografico esperto, che comprenda la valutazione di distretti fetali comunemente non indagati, come il volto e l'apparato cardiovascolare, è probabilmente superiore rispetto a quella di un esame standard, ma resta da stabilire.

PREMESSA
La pratica corrente nel nostro paese prevede che alle pazienti gravide vengano offerti tre esami ecografici, uno dei quali intorno a 20 settimane, con lo scopo, tra gli
altri, di verificare l'integrità dell'anatomia fetale. Esiste nella popolazione generale l'impressione che l'ecografia prenatale abbia grandi capacità diagnostiche (se si 'vede' il feto con l'ecografia ne consegue che si dovrebbero facilmente riconoscere lesioni anatomiche specialmente se grossolane,. macroscopiche). D'altra parte, anche nella letteratura specialistica, è diffusa l'opinione che un esame ecografico adeguatamente eseguito intorno alla 20' settimana permette di identificare la maggioranza delle malformazioni, e da diverse parti viene suggerito che la sensibilità si aggiri intorno al 70%. In realtà, questa opinione non soltanto non è sostenuta, ma è contraddetta dalle evidenze disponibili. Lo scopo di questo articolo è quello di analizzare nel dettaglio e comparativamente gli studi fino ad ora disponibili, mettendo in luce i numerosi problemi metodologici che questi presentano, di inquadrare con maggiore precisione la reale precisione delle ecografie prenatali nella identificazione delle anomalie fetali, e di fornire in questo modo un contributo alla discussione medico-legale intorno al problema delle mancate diagnosi di anomalie fetali.

LA DIMENSIONE DEL PROBLEMA: COSA SONO E QUANTO SONO FREQUENTI LE MALFORMAZIONI FETALI
Un'anomalia congenita è una deviazione dalla normale architettura anatomica di un organo o apparato. Può derivare da un primordio intrinsecamente anomalo, oppure da un primordio normale sul cui sviluppo hanno agito fattori estrinseci. Vengono di solito distinte malformazioni, deformazioni e disrafie. Una malformazione è un difetto morfologico di un organo, parte di un organo, o di un sistema di organi o apparato che deriva da un processo di sviluppo intrinsecamente anormale. L'anomalia può non essere identificabile in stadi precoci dell'ontogenesi. Il tipico esempio è quello dell'abbozzo di un arto che appare normale nelle prime settimane odi vita embrionale, ma che in seguito sviluppa un dito in più. Le malformazioni possono essere considerate come il risultato di un arresto nello sviluppo del primordio, cioè di una morfogenesi incompleta (esempio mancanza di un dito), oppure di una morfogenesi ridondante (esempio: polidattilia) o aberrante (es. sindattilia). Le malformazioni occorrono più frequentemente nel corso del periodo embrionale (prima della 10' settimana di amenorrea), ma alcune possono insorgere anche dopo quest'epoca. In genere, tanto più precoce è l'insorgenza, tanto più complesso è il quadro risultante. Il termine deformazione identifica un'anomalia di forma o posizione di una parte del corpo causate da una forza estrinseca, meccanica, non dirompente. In questi casi, il primordio embrionale ha avuto uno sviluppo intrinsecamente normale, ma il risultato finale è stato modificato da un fattore esterno. Per esempio, l'oligoidramnios può produrre restrizione dei movimenti e determinare la comparsa di anomalie alle articolazioni, piede torto in particolare. D'altra parte, il piede torto può anche rappresentare la conseguenza di una insufficiente mobilità legata a paralisi muscolare secondaria a spina bifida. Le deformazioni si manifestano tipicamente nelle fasi avanzate della gravidanza. Le forze estrinseche comprendono, oltre alla già citata scarsità di liquido amniotico, gravidanze plurifetali e miomi. Una disrafia è un difetto morfologico determinato dalla interruzione, o comunque alterazione estrinseca, di un processo di sviluppo intrinsecamente normale, di solito come conseguenza di alterata vascolarizzazione. Esempi tipici comprendono le cisti porencefaliche, la gastroschisi, e le amputazioni degli arti nella sindrome da banda amniotica. Di seguito, utilizzeremo il termine generico malformazione per indicare tutte le anomalie della morfologia fetale, per semplicità e anche perché non è sempre possibile una chiara distinzione. Ma sottolineiamo che deformazioni e disrafie compaiono dopo l'embriogenesi e a volte soltanto nella gravidanza avanzata. Un esempio ben documentato è rappresentato dalle emorragie endocraniche, che possono rappresentare la conseguenza di sindromi da trasfusione feto-fetale, coagulopatie congenite o traumi. Sempre in quest'ambito, la potenziale progressione di una emorragia endocranica verso una idrocefalia ostruttiva (pilu emorragie) documenta la difficoltà di distinguere una disrafia da una malformazione vera. Nell'uso comune, le malformazioni vengono distinte in minori e maggiori. Una malformazione viene comunemente definita maggiore quando determina problemi medici, chirurgici o estetici, o comunque un aumento della morbilità o mortalità. Una malformazione viene invece definita minore quando non ha simili implicazioni, e non influenza l'aspettativa di vita o la qualità di questa. Naturalmente, questa classificazione è arbitraria, e comporta elementi di soggettività. Spesso nella letteratura ostetrica, viene fatto riferimento ad una maggiore capacità diagnostica della ecografia prenatale nei confronti delle malformazioni cosiddette maggiori, senza tuttavia definire chiaramente che cosa sia maggiore. Un problema cruciale, per la valutazione della letteratura disponibile sulla diagnosi prenatale, è rappresentato dalla frequenza delle malformazioni. I numerosi studi epidemiologici sono in linea di massima concordi sui seguenti punti:
. l'incidenza delle malformazioni è probabilmente omogenea, perlomeno nei paesi industrializzati, e dipende largamente dall'epoca alla quale la popolazione viene esaminata e dalle modalità con cui viene effettuata l'indagine;
. se viene utilizzato il certificato di nascita, che si basa su un esame esterno al momento della nascita, effettuato per lo più da una ostetrica, la prevalenza delle malformazioni si aggira intorno all'l %; se l'esame viene effettuato nei primi giorni di vita da parte di un pediatra esperto, la prevalenza è intorno al 2-5%, con un valore medio in molte realtà pari a circa il 2,5%; studi di area con lunghi follow-up, estesi all'età scolare, riportano valori nell'ordine del 10-14% o più (2, 3); infine, molti feti malformati vanno incontro ad aborto spontaneo (teratoatanasia) la frequenza delle malformazioni prima di 8 settimane è almeno 7 volte più alta che alla nascita; anche nel corso della vita fetale, tra 12 e 24 settimane, la frequenza delle malformazioni è almeno doppia rispetto a quella riscontrata alla nascita (4).

DIAGNOSI PRENATALE ECOGRAFICA DELLE MALFORMAZIONI: GLI STUDI DISPONIBILI
Numerosi studi hanno affrontato negli ultimi 20 anni il problema della diagnosi prenatale delle malformazioni fetali. La natura di questi studi è molto eterogenea ma riconducibile a tre modelli fondamentali: segnalazioni di casi isolati (case reports), casistiche ottenute da popolazioni selezionate, e infine casistiche ottenute da popolazioni non selezionate. Ciascuno di questi modelli ha rilevanza scientifica e clinica. Se si vuole stabilire la capacità della ecografia come metodica di screening delle malformazioni fetali, non si può fare riferimento né a case reports né a casistiche selezionate. Il case report, per sua natura, descrive una diagnosi inusuale. Le casistiche su popolazioni selezionate sono ingannevoli. Da un lato provengono per lo più da Centri di riferimento, dove l'esperienza degli operatori, la tecnologia impiegata e il livello di attenzione alla problematica delle malformazioni fetali sono superiori alla media. Dall'altro lato, la popolazione esaminata è arricchita da due tipologie di pazienti: gravide che vengono inviate perché in esami ecografici eseguiti in altre strutture è stata sospettata una anomalia fetale, e gravide che sono a rischio anamnestico per malformazioni teoricamente diagnosticabili per mezzo dell'ecografia. E' evidente come tutti questi fattori tendano a favorire le diagnosi. La soluzione al problema può quindi derivare esclusivamente da studi nei quali siano stati esaminati campioni sufficientemente ampi (le malformazioni sono nel complesso rare) di pazienti non selezionate. Nella tabella I sono riassunti gli studi principali (1, 5-17), che hanno focalizzato le ecografie eseguite intorno alla 20' settimana. Ad una prima analisi, il dato che sorprende maggiormente è l'enorme differenza dei risultati che sono stati ottenuti. Le percentuali di rilevamento (alle quali si fa comunemente riferimento con il termine sensibilità) variano tra un minimo del 17 e un massimo dell'85%. La forbice tra questi estremi è troppo ampia, per non pensare che questi studi contengano problemi, o comunque incongruenze, di natura metodologica.
Dal momento che l'ecografia ostetrica è una tecnica complessa, e che esistono in ogni parte del mondo problemi di formazione degli operatori, è stato più volte suggerito che la differenza di sensibilità degli studi disponibili dipenda principalmente dalla diversità di esperienza degli operatori. Questo fattore gioca senz'altro un ruolo importante (ad esempio, gli studi eseguiti in singoli ospedali dove presumibilmente lo studio è stato promosso proprio perché esiste interesse e quindi esperienza nella diagnostica ecografica forniscono risultati superiori rispetto agli studi multicentrici, condotti in una rete di Centri che probabilmente riflette più fedelmente il livello medio di esperienza). Ma esistono sicuramente altri fattori. La prevalenza delle malformazioni riscontrate alla nascita dovrebbe essere omogenea, e aggirarsi intorno al 2,5%, ed è invece estremamente dispersa, con valori che vanno da un minimo dello 0,4% a valori del 4,6%. La sensibilità è determinata dal rapporto delle diagnosi prenatali di malformazione e dal totale dei feti malformati, nati o abortiti. Se l'accertamento alla nascita è stato incompleto (alcune malformazioni, anche severe, come le cardiopatie possono manifestarsi soltanto dopo giorni o settimane dalla nascita) il denominatore viene ridotto e ne risulta un artificioso aumento della sensibilità. D'altra parte, se la frequenza delle malformazioni è molto maggiore rispetto all'atteso, sorge il sospetto che la popolazione sia in qualche modo selezionata. In effetti, uno studio che ha una prevalenza del 4,6%, quasi doppia rispetto all'atteso, contiene un numero non realistico di difetti del tubo neurale, tanto da fare pensare o ad una insolita evenienza statistica o ad un arricchimento di casi patologici da probabile riferimento (17). Soltanto 3 studi hanno una prevalenza di anomalie alla nascita compatibile con quella attesa, vale a dire nell'ordine del 2,5% (7, 10, 13). Non casualmente, questi studi si distinguono per un profilo scientifico elevato: sono indagini prospettive e multicentriche (e quindi riflettono meglio la capacità media degli ecografisti ostetrici) e hanno definito con molta precisione sia le caratteristiche delle indagini prenatali che quelle degli accertamenti postnatali. Il primo studio è stato eseguito in Belgio, nella seconda metà degli anni 80 (1), il secondo negli Stati Uniti, alla fine degli anni '80 (10), il terzo sempre in Belgio, all'inizio degli anni '90 (13). La sensibilità degli esami eseguiti intorno alla 20a settimana è stata paragonabile, precisamente 17, 21 e 40%. I due studi condotti successivamente in Belgio, sono stati effettuati negli stessi Centri, e suggeriscono che la qualità delle ecografie sia significativamente aumentata a cavallo degli anni '80. Molti esperti del ramo sarebbero probabilmente d'accordo su questo punto. Tra il 1984 e il 1990 la tecnologia delle strumentazioni ha avuto una grande evoluzione, e sono stati messi a punto aspetti critici della metodologia dell'esame dell'anatomia fetale. L'uso dei segni cranici per la predizione della spina bifida aperta e l'impiego ragionato e sistematico della proiezione delle quattro camere per le cardiopatie e le anomalie toraciche sono stati introdotti intorno al 1986 e probabilmente il messaggio non ha raggiunto del tutto la comunità degli ecografisti ostetrici prima della fine degli anni '90. Inoltre, nel primo studio Belga l'epoca di effettuazione degli esami ecografici era più dispersa, con molte pazienti viste intorno alla 16a settimana, una epoca notoriamente più 'difficile' rispetto alla ormai consolidata 20a settimana. E' probabile che nello studio americano la maggior parte delle pazienti sia stata sottoposta a dosaggio della alfafetoproteina plasmatica, una indagine comunemente non eseguita in Belgio perlomeno a cavallo degli anni '90. In effetti, nello studio americano nel quale l'ecografia non ha certamente brillato, 1'80% dei casi di spina bifida, una delle più frequenti tra le gravi malformazioni, è stato riconosciuto nel secondo trimestre. Negli studi belgi, nei quali l'ecografia ha funzionato mediamente molto meglio, la proporzione è stata soltanto del 40%. L'influenza dello screening con alfafetoproteina è probabilmente una variabile importante di questi studi che non è stata fino ad ora approfondita. Quindi, si sarebbe propensi a ritenere che la sensibilità di un esame ecografico standard si collochi tra il 17 e il 40%, e che al momento attuale si aggiri più probabilmente intorno a quest'ultimo valore. L'ipotesi è confermata da due ulteriori considerazioni. In primo luogo, dal momento che la frequenza delle malformazioni è discretamente omogenea nelle diverse popolazioni, ed è intorno al 2,5% dei nati, l'efficacia dell'ecografia prenatale potrebbe essere valutata semplicemente calcolando il numero totale di malformazioni riconosciute. In effetti, in questo modo i diversi studi appaiono più congrui di quanto non avvenga se si confrontano le sensibilità dichiarate. L'andamento temporale dimostra un chiaro incremento delle diagnosi, il che è ragionevole. La maggior parte degli studi recenti riporta un numero di diagnosi intorno a 10 per 1000 gravidanze (Figura 1), vale a dire circa il 40% delle 25 malformazioni per 1000 gravidanze probabilmente presenti in tutte queste popolazioni. In secondo luogo, una sensibilità del 40% è la stessa riportata da Eurofetus (18), uno studio di considerevole rilievo che tuttavia ha caratteristiche abbastanza peculiari da meritare una discussione separata. Lo studio Eurofetus è una indagine multicentrica prospettica che comprende una casistica sorprendentemente ampia, oltre 3000 casi, di feti malformati sottoposti a diagnosi prenatale. La popolazione indagata comprendeva tutti i feti malformati, nati o abortiti, presso una rete europea di strutture di terzo livello. Sono tuttavia state escluse dal computo le gravidanze che erano state riferite per il sospetto di una malformazione fetale, in maniera da includere soltanto i casi scoperti alle ecografie eseguite sulle pazienti a basso rischio. Le informazioni fornite da Eurofetus sono di grande interesse. Tuttavia, il disegno molto particolare dello studio suggerisce che la capacità diagnostica dell'ecografia sia stata favorita Q.'indagine è stato condotta in Centri di riferimento con competenza probabilmente superiore alla media, e la diagnosi positiva di malformazione potrebbe avere 'attratto' pazienti che altrimenti avrebbero partorito altrove). D'altra parte, esiste naturalmente il problema della teratoatanasia, vale a dire della selezione intrauterina dei feti malformati. E' probabile che nel computo totale della malformazioni siano presenti patologie letali riconosciute dall'ecografia a 20 settimane (igromi cistici, anomalie multiple, ecc) che traducendo si in aborto non verrebbero comunemente incluse nei programmi di controllo epidemiologici effettuati sui nati, vivi o morti. E' possibile che nel corso degli ultimi anni la capacità dell'ecografia ostetrica sia aumentata ulteriormente ma non esistono dati attendibili al proposito. E' diffusa l'opinione che risultati di gran lunga migliori sarebbero ottenuti da una ecografia fetale 'esperta', vale a dire una valutazione morfologica approfondita, che comprenda oltre ai parametri comunemente raccomandati anche dettagli anatomici di non semplice dimostrazione (ad esempio il volto, l'encefalo e l'apparato cardiovascolare nel loro complesso). Tuttavia, non esistono fino a questo punto studi che permettano di stabilire con un ragionevole livello di precisione quante anomalie sarebbero diagnosticate da un simile esame in una popolazione a basso rischio. I dati disponibili riguardano sostanzialmente pazienti selezionate o miste. L'estrapolazione alla popolazione generale sarebbe azzardata, perché come è già stato detto, queste casistiche sono arricchite di diagnosi positive.

CONCLUSIONI
In quale misura un esame di un esame ecografico standard è in grado di riconoscere malformazioni fetali?
Gli studi disponibili sono contraddittori, verosimilmente per differenze metodologiche. La migliore evidenza disponibile suggerisce che un esame standard adeguatamente condotto intorno a 20 settimane in una paziente a basso rischio permetta di identificare il 40% o meno delle malformazioni comunemente riscontrate alla nascita.
Qual è la sensibilità di un esame ecografico standard nei confronti di specifici gruppi di malformazioni?
L'estrema eterogeneità e la rarità delle diverse malformazioni prese singolarmente non consente di stilare un elenco preciso di cosa e comunque in quale misura possa essere diagnosticato da un esame standard intorno a 20 settimane. I dati migliori al proposito sono forniti dallo studio Eurofetus. Nessuna malformazione è mai stata riconosciuta nel 100% dei casi. La maggior parte delle malformazioni sono state riconosciute in meno della metà della casi. La probabilità di riconoscere una malformazione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è direttamente correlata alla gravità di questa. Ad esempio, molte malformazioni cerebrali catastrofiche hanno reperti ecografici sfuggenti o addirittura assenti nel secondo trimestre.

E' ragionevole uno screening ecografico delle malformazioni se la sensibilità è tanto bassa?
Il problema resta insoluto. Nella opinione di molti, la possibilità di vedere anche soltanto una parte delle malformazioni giustifica un programma di screening. Di sicuro, è diffusa non soltanto nelle pazienti ma anche in molti medici la convinzione che un esame ecografico nel secondo trimestre riconosca la maggior parte delle malformazioni, e che quindi una mancata diagnosi rappresenti l'eccezione. Al contrario, l'evidenza disponibile dimostra quasi l'opposto. La diagnosi viene mancata in
oltre la metà dei casi.

Qual è la sensibilità di un esame ecografico esperto eseguito nel secondo trimestre?
In un esame ecografico standard soltanto una parte dell'anatomia fetale viene comunemente valutata. E' ragionevole che estendendo l'esame ad altri distretti anatomici, ad esempio il volto e l'apparato cardiovascolare, aumenti la identificazione delle malformazioni. Tuttavia, non esistono dati al proposito per quanto riguarda l'impiego nelle popolazioni a basso rischio. Nonostante la migliore esperienza e tecnologia, restano importanti limiti fisici (molte parti del feto non sono in realtà dimostrabili dall'ecografia) e biologici (molte malformazioni non sono ancora presenti o comunque non hanno ancora dato manifestazioni ecografiche nel secondo trimestre di gravidanza).

IL PROBLEMA MEDICO-LEGALE DELLA MANCATA DIAGNOSI PRENATALE DI UNA MALFORMAZIONE: RACCOMANDAZIONI NELL'ANALISI DELLA BIBLIOGRAFIA DISPONIBILE
La valutazione ecografica dell'anatomia di un feto al secondo trimestre è un esame dinamico, con una durata variabile, grossomodo intorno a 20 minuti, nel corso del quale vengono osservati/misurati un grande numero di parametri. Documentare l'esame non è mai agevole, per una lunga serie di ragioni: le immagini prese in considerazione sono numerosissime e non possono essere tutte fotografate; le immagini statiche hanno una qualità inferiore rispetto a quelle viste in tempo reale e si riproducono male sui supporti comunemente utilizzati; spesso l'esame viene eseguito in contesti organizzativi nei quali l'archiviazione e la conservazione sono difficoltosi o carenti. In un caso di mancata diagnosi di una malformazione, stabilire a posteriori se una ecografia sia stata eseguita adeguatamente o meno è spesso impossibile, e la discussione medico-legale verte in e in larga misura sulla 'diagnosticabilità' dell'anomalia, desunta dalla letteratura scientifica. Questa letteratura deve
essere analizzata e riportata in modo appropriato, cosa che sembra elementare ma che purtroppo molto raramente avviene. Gli elementi dai quali una consulenza tecnica non dovrebbe prescindere sono i seguenti:
1) le segnalazioni di singoli casi (case reports) non hanno alcuna utilità per stabilire la diagnosticabilità di una malformazione. Il fatto che un'anomalia sia stata riconosciuta una volta non implica che sia sempre riconoscibile. I case reports vengono pubblicati dalle riviste scientifiche in quanto eventi inusuali. Si dovrebbe argomentare quindi che se la letteratura disponibile è costituita soltanto da case reports, la diagnosi prenatale di quella anomalia esula dalla pratica medica corrente.
2) Nella valutazione di casistiche cliniche, devono essere considerati separatamente gli esami ecografici standard, eseguiti su pazienti a basso rischio, e quelli mirati, eseguiti su pazienti a rischio di specifiche problematiche hanno risultati molto diversi. La differenza non riguarda soltanto la metodologia dell'esame, più o meno accurata, o il livello di esperienza degli operatori, più o meno elevato. La differenza è sostanziale. Le casistiche di pazienti a rischio, selezionate, sono arricchite di diagnosi positive perché contengono pazienti riferite da altri Centri per sospetti emersi all'ecografia. La maggior parte degli studi sulla diagnosi prenatale di singole malformazioni proviene da Centri di riferimento, e riguarda quindi gravide selezionate. Il risultato di queste indagini non è traslabile alle gravide a basso rischio.
3) In genere, il problema medico-legale della mancata diagnosi di una malformazione riguarda gli esami ecografici eseguiti intorno alla 20' settimana, perché è quest'epoca che in Italia le pazienti hanno ancora la possibilità di richiedere una interruzione volontaria di gravidanza. Tutti gli studi che hanno esaminato la capacità diagnostica della ecografia nel corso della gravidanza hanno di mostrato che gli esami del terzo trimestre di gravidanza identificano molte anomalie che non erano state riconosciute nel secondo trimestre, circa il 20-30% del totale. Il che è comprensibile, dal momento che molte anomalie fetali presentano una evoluzione nel corso della gestazione che le rende via via più facilmente riconoscibili. Se ci si propone di valutare la capacità diagnostica della ecografia al secondo trimestre, è necessario fare riferimento ai dati della letteratura che riguardano quest'epoca.
4) Le malformazioni fetali sono rare se prese singolarmente. A tutt'oggi, i dati migliori sulla diagnosticabilità di specifiche malformazioni negli esami eco grafici standard provengono dallo studio Eurofetus, che comprende un numero molto più grande di anomalie rispetto a tutti gli altri studi disponibili. Le tabelle incluse alla pubblicazione sono particolarmente dettagliate, e sarebbe auspicabile che nelle consulenze tecniche diventassero uno dei principali punti di riferimento.

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